Gas – O – Metro

Anteprima della mostra sul quartiere Ostiense di Roma del circolo PhotoUp

Testo di Erica Cremenich

 

Gli scatti di questa mostra fotografica nascono passeggiando in lungo e in largo per il quartiere Ostiense, unico nel suo genere, sovrastato dal suo Gasometro rappresentativo, quasi a comandarlo e a sorvegliarlo, allo stesso tempo. Un’imponenza questa che ritroviamo anche nella monumentale Piramide Cestia e nell’eccezionale Basilica papale di San Paolo fuori le mura, riconosciuta come patrimonio dell’Unesco. Ma c’è altro, molto altro da scoprire. Camminando, si resta affascinati anche da dettagli più piccoli ma non meno caratterizzanti come gli sfavillanti e colorati murales, ci si lascia trasportare dalle acque del fiume Tevere dove in mezzo a spazi più degradati, a livello ambientale e sociale, sorgono moderni e lussuosi loft e, poi ci si lascia catturare da zone dove si percepisce fortemente un senso di vago e indefinito abbandono, luoghi dal sapore antico, ricchi di mastodontiche carcasse industriali fatiscenti di mattone e fil di acciaio che hanno raccolto il sudore di molti zelanti lavoratori e che si costituiscono in quella che, oggi, possiamo definire “archeologia industriale” . Tra queste la Centrale Termoelettrica Montemartini, lo stabilimento del Gas, il museo Macro a Testaccio (Ex Mattatoio), i Magazzini Generali, il ponte dell’Industria per nominarne alcuni dei più conosciuti.

 

 

Ci colpisce in maniera particolare, l’Ex Mira Lanza, un “resto” più vivo, nel tempo occupato da varie genti, con il suo prolifico Teatro India, e in alcuni tratti, di recente, animato dalle opere dello street artist Seth. Notiamo con stupore che sono sorte, accanto a opere più vecchie, moderne infrastrutture come il Ponte Settimia Spizzichini di Del Tosto e varie sedi distaccate facenti parte tutte dell’Università Roma Tre, la linea metro affiancata a binari e mezzi ferroviari, ormai, in disuso, come quelli del Museo del Trasporto, negozi accostati a vecchie e polverose botteghe, ristoranti oriental fusion e locali della più sfrenata movida romana vivacemente intervallati da trattorie d’annata i cui muri raccolgono memorie di parole di conosciuti letterati come quelle di Pier Paolo Pasolini. Impossibile non immortalare deliziosi scorci pieni di contrasti, toccati dal passo di una moltitudine di genti di oggi che risveglia zone antiche e, al contempo, anima quelle moderne.

 

Pian, piano il quartiere si mostra e si svela globalmente ai nostri occhi nella sua complessità urbana, architettonica, multiforme e multicolore, nel suo abitare un’umanità diversa, variegata e nel suo voler conservare ricordi di memorie di dolorose fatiche. Un quartiere che da molte delle sue ceneri sparse vuole crescere ancora e cambiare, sospeso tra passato e futuro ma che brulica e pullula di presente. Il circolo ha voluto mostrare, appunto, la sua poliedricità in tutte le sue molteplici sfaccettature, penetrando nei suoi significati profondi, in quello che ha da dire e ci vuole raccontare. Abbiamo camminato in lungo e in largo per il quartiere, certamente, ma non è bastato, l’abbiamo dovuto “sentire”, l’abbiamo dovuto “vivere”, l’abbiamo dovuto fare nostro, ognuno, con il suo stile diverso e il suo diverso modo di interpretarlo.

La fotografia nel film “Slumdog Millionaire” – parte terza

di Erica Cremenich

Per la realizzazione di alcune scene, sono stati utilizzati anche degli specchi, che sono risultati estremamente utili. Un escamotage questo che risulta molto più vicino al carattere un po’ meno diretto dei film della cinematografia tradizionale indiana piuttosto che di quella occidentale. Nello specifico, quando Salim spara a Maman, non viene mostrato lo sparo in sé, perché il cast teneva in considerazione il divieto di visione ai minori di tredici anni. Ha, quindi, fatto solo in modo che si vedesse e udisse l’impatto dello sparo senza mostrarlo esplicitamente. Ci è riuscito, appunto, usando una serie di specchi.

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La risposta sbagliata, suggerita dal presentatore a Jamal, durante l’interruzione pubblicitaria, viene scritta su uno specchio e non è stato facile poterla rendere. 

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Nella stanza in cui muore Salim ci sono degli specchi. Più avanti, ecco Mittal, nuovamente, davanti allo specchio.

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II regista insiste sull’uso di vari colori che vengono riproposti, nell’arco dello svolgimento del film, come i gialli e i blu molto saturi che ricorrono, specialmente, nelle sequenze, che si snodano all’interno dello studio televisivo. Il regista Danny Boyle insieme con la costumista Suttirat Anne Larlarb hanno deciso di abbinare il colore giallo al personaggio di Latika. Lo spettatore lo nota e lo ricorda. Latika ha il vestito giallo da piccola e la sciarpa gialla da grande. Il giallo è anche il colore dell’oro. Infatti, Latika è preziosa per Jamal decisamente più di quanto possa esserlo il montepremi televisivo.

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Chiaramente, gli slum di Bombay sono un esplosione enorme di colori che ben rappresentano il fatto che siano sempre in continua crescita, cambiamento, in un continuo divenire. Le scene in notturna con i bambini sono state create ad hoc con l’utilizzo di una particolare illuminazione, in quanto era proibito far lavorare i bambini di notte e risultano molto suggestive e particolarmente veritiere. 

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Usando queste metodologie e strumentazioni, la troupe è riuscita a realizzare una fotografia d’eccellenza che rimane impressa nella mente dello spettatore persino dopo che sono trascorsi anni dalla visione del film. Tale fotografia  si è aggiudicata anche un meritato Oscar nel lontano 2009. 

La fotografia nel film “Slumdog Millionaire” – parte seconda

di Erica Cremenich

Nella scena in cui i due ragazzini entrano in un bordello alla ricerca di Latika, Thomas Nievelt, l’elettricista dà al direttore della fotografia Anthony Dod Mantle e agli attori la capacità di muoversi liberamente all’interno della stanza, illuminandola attraverso finestre alte e utilizzando luci 6K HMI contro specchi e pannelli riflettenti. Tale tipico modo di lavorare si adotta, normalmente, nei film danesi del movimento cinematografico danese “Dogma 95”, di cui sia T. Nievelt che A. D. Mantle facevano parte.  Nel film sono presenti molti primi piani che isolano i personaggi e ci permettono di penetrare nella loro dimensione interiore. I primissimi piani, invece, vengono molto usati per riprendere i bambini e conferiscono loro debolezza, mantenendoli in una posizione inferiore rispetto agli adulti. 

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La ripresa dei dettagli non è mai casuale ma particolarmente funzionale alla narrazione.  Molte inquadrature, girate con macchine inclinate, risultano storte, sbieche e, susseguendosi con una ripetitività quasi ossessiva, ben comunicano il senso di provvisorietà e instabilità che caratterizza i personaggi.  Le inquadrature, infatti, sono spesso brevi e veloci di durante appena sufficiente o addirittura insufficiente alla loro lettura per l’alto contenuto emozionale.

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Ognuna di esse è particolarmente studiata, sinergica e, potremmo dire,  ipercinetica. Questo tipo di fotografia ci ricorda quella di un altro grande nome del cinema, Orson Welles. Da un punto di vista prettamente tecnico, le inquadrature del film si sviluppano da posizioni differenti, da più punti di vista della stessa scena. Ci sono, infatti, molti cambiamenti dei punti di ripresa che risultano funzionali soprattutto nelle molte scene d’inseguimento in stile western. 

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Le inquadrature dall’alto “aeree” sono alternate con quelle da terra e i primi piani a piani lunghi e lunghissimi.  Potremmo definire la fotografia, in linea di massima nervosa, quasi da videoclip. Palesemente, in stile videoclip all’occidentale, viene ripresa l’ultima scena di ricongiungimento dei due amanti tramite il balletto in stile bollywoodiano che si svolge sul sottofondo musicale della canzone “Jai Ho!”. 

La fotografia nel film “Slumdog Millionaire” – parte prima

di Erica Cremenich

La fotografia rappresenta, sicuramente, l’aspetto più curato e riuscito dell’intero film. Considerando la strumentazione impiegata per girare alcune scene, la troupe ci rivela che sono state usate, prevalentemente, fotocamere ma anche videocamere digitali molto sofisticate ma, di certo, moderne, piccole, maneggevoli e flessibili. Lo scopo di tale impiego, infatti, era conferire al film maggiore realismo, rendere la recitazione degli attori anche non professionisti più naturale possibile e permettere di entrare meglio al livello dei bambini presenti in gran parte della pellicola.

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Inoltre, tale fabbisogno tecnico permetteva di poter passare inosservati negli slum di Bombay, ambientazione molto ricorrente, dove, altrimenti, sarebbe stato impossibile gestire il caos e la folla che, in tal modo, è risultata molto più rilassata e disinvolta. Il fluire della vita a Bombay viene colto magistralmente e, in esso, lo spettatore viene catapultato, fin dalla prima scena, dove la camera rimbalza attraverso strette vie e capanne cittadine alla stessa grandissima velocità dei bambini, seguendo e catturando i loro rapidi movimenti.

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Tramite tale accurata strumentazione, è stato anche possibile catturare la poca luce presente per i vicoli della città, operazione per nulla semplice e fare riprese in luoghi dove ottenere un permesso ufficiale per girare sarebbe stato molto difficile, come all’interno del Taj Mahal. Nella fattispecie, la Canon aveva fornito alla produzione una fotocamera 1D mark III, che può scattare raffiche fino a trenta immagini raw al secondo, usata per girare una delle scene culminanti del film, che riguarda il momento in cui del denaro viene gettato in aria. Aveva procurato alla troupe anche la fotocamera Canon EOS-3 con una funzione che permette di scattare a undici fotogrammi al secondo, la quale fornisce una forte intensità di colore, usata per girare la bellissima inquadratura di Latika a diciotto anni a Victoria Terminus, immagine speciale che ricorre più volte impressa nella mente del protagonista Jamal.

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Inoltre, è stata usata anche per riprendere alcuni inserti come quello all’inizio del film che mostra un bambino che ruba una bici e, infine, anche per filmare l’arrivo di Latika in mezzo alla gente per assistere, finalmente libera, alla puntata in cui gioca il suo amato Jamal. La troupe usa anche quella che chiama una “CanonCam”, che è, precisamente, una macchina fotografica Canon con cui è possibile scattare a dodici fotogrammi al secondo. Una particolare menzione va alla piccola cinepresa 2K digital della Silicon Imaging, la SI-2K Mini, di cui la parte che contiene il sensore d’immagine 2 / 3” CMOS e l’obiettivo a supporto della lente può essere staccata dal resto della camera. E’ stata usata in un modo tra il palmare e la Steadicam, mediante un giroscopio. Ha un contenitore di lente di montaggio dove sono state inserite lenti di vario tipo, tra cui un set di lenti LINOSc, che sono state usate, in particolare, quando gli oggetti erano molto vicini per migliorare la sensazione di nitidezza, qualità e profondità degli stessi.

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Vetrine e riflessi di Erica Cremenich

Vita frenetica che si riflette sulle vetrine di oggetti invenduti, inanimati che si lasciano guardare, ammirare, ci incuriosiscono. Due mondi diversi e paralleli, tra l’uno e l’altro lo spazio della nostra mente, del nostro corpo fisico, del vetro che li divide. Non possono entrare in relazione se non fusi su unico piano in un non-spazio e in un non-tempo in quei riflessi che li amalgamano così armonicamente creando atmosfere suggestive e quasi oniriche. Guardando fisicamente le vetrine sorge spontaneo un interrogativo. Sono -come la fotografia stessa – uno specchio del mondo quindi un riflesso del mondo o una finestra aperta sul mondo?
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Erica Cremenich

 

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Erica Cremenich

 

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Erica Cremenich

 

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Erica Cremenich

Contest di Ottobre la foto più votata : Aldo Carumani

Nel primo Contest del Circolo PhotoUp dal tema:

Roma: la sua storia e la sua quotidianità

L’immagine in bianco e nero di Aldo Carumani ha ottenuto il massimo punteggio nella votazione che si è svolta tra i soci.

Le altre foto del contest:

   Alessia Ambrosi                                                                                                 Andrea Alessandrini

Anna Ranucci                                                                                                            Antonella Simonelli

M. Elena Ania                                                                                                              Elisabetta Manni

Erica Cremenich                                                                                                           Fabio Faltelli

Lillo Fazzari                                                                                                                 Lucio Baldelli

Magda Laini                                                                                                         Massimo  Giannetti

Maurizio De Angelis                                                                                      Michela Poggipollini

Sergio D’Alessandro                                                                                           Simonetta Orsini