Singolarmente Fotografia: Lorenzo Lessi “Livorno – gennaio 2020”

Singolarmente Fotografia è la rubrica della rivista Fiaf dedicata alle singole foto che durante l’anno abbiano ottenuto dei riconoscimenti a concorsi, manifestazioni o che siano state segnalate alla redazione. La rubrica è curata da Paola Bordoni.

“Livorno – Gennaio 2020” di Lorenzo Lessi

di Isabella Tholozan

Wiliam Shakespeare scrisse: “La vita è un palcoscenico e tutti gli uomini nient’altro che attori”. Ed eccolo qui il nostro spettacolo teatrale: una giornata di ordinaria follia climatica mi verrebbe da dire, visto il titolo ed il cartello di augurio che, intrappolato nell’inquadratura, fa bella mostra di sé, fastidioso ed incongruente, immerso in un azzurro innaturale.

Viviamo da incoscenti in un’epoca di disordine esistenziale, dove i mutamenti, non solo climatici, ci scoprono incapaci di reagire consapevolmente, beatamente abbandonati ad un godimento solo apparente, come quello di una giornata di primavera troppo anticipata.

Scrivo questo testo nei giorni di allarme da coronavirus; la follia di questa immagine rappresenta alla perfezione il mio malessere interiore e la mia paura.

La buona fotografia ha anche questo compito.

Fotoit ottobre: Andrea Valenti

di Paola Bordoni

Segnalato al progetto FIAF Presidenti Talent Scout 2019 da Roberto Rossi, presidente del Club Fotografico Avis di Bibbiena, Andrea Valenti presenta tre portfolio ed una ventina di foto singole. Il tessuto connettivo che tiene insieme tutte le immagini, oltre alla quasi totale scelta dell’acromatismo, è la sospensione della struttura spazio-tempo che crea un potente senso di isolamento e distacco dal mondo reale.

Nel portfolio “C’è qualcosa di strano sotto quel cielo” la presenza della religione a Gerusalemme, città sacra per cristianesimo, ebraismo ed islam, diventa una continuitàinfinita, atemporale ma con ‘valori tattili’, secondo la nota espressione coniata Bernard Berenson, che abbattono i confini e le differenze tra le diverse fedi religiose. Davanti al muro del Pianto, la pietra del Santo Sepolcro e la roccia di Maometto si ripete un eterno rituale spirituale ed emozionale, identico nei modi, nei gesti, nei suoni e nei sospiri, che svela uno straordinario terreno d’incontro tra gli uomini.

Il fotografo ama ombre dure e chiuse, dove la luce netta serve solo da contrappasso al nero ed annulla le identità dei singoli perché la narrazione è rivolta all’antico  sentimento del sacro che intride le pietre, i vicoli, le piazze di Gerusalemme mescolandosi agli odori di spezie e di incenso. 

Nel portfolio “Ready for the sea” è sempre il bianco e nero dai netti contrasti lo strumento per raccontare la storia di un percorso verso il mare come meta ideale ma non necessariamente da raggiungere. Il viaggio può essere tante cose, turismo, fuga, spostamento ma quello di Andrea Valenti è soprattutto corporeità, coscienza della propria fisicità in assenza di luogo dove il mare, la destinazione d’arrivo, è riconoscibile solo in labili tracce. Nello sfondo cupo, che annulla lo spazio, il corpo, dai tagli stretti, diventa una sorta di viaggio mentale, vertigine del sentirsi vivi e felici perché, come scrisse Seneca nelle lettere al suo amico Lucilio “è l’animo che devi cambiare, non il cielo sotto cui vivi”. Nello stile straniante del fotografo il corpo umano, con le sue ‘imperfette’ perfezioni dalla nitidezza iperdescrittiva, si immerge nella negazione spaziale del buio, con ironica allegria sulle incongruenze e debolezze umane, restituendo al tempo stesso la percezione dell’empatia tra le persone, dell’odore degli olii solari, della pelle arrossata, della sabbia ruvida.  

In Google Maps la funzionalità “Live View”, titolo del terzo ed ultimo portfolio, aiuta a non perdere l’orientamento nel cammino ed a raggiungere la meta. Le immagini che il fotografo presenta cercano di indicare la traccia, come tante briciole di Pollicino, per ritrovare il percorso smarrito dall’individuo e per riconquistare i benefici dello stare a contatto con la natura, rinnovando l’equazione di felicità e bellezza, che troppo spesso in quest’era ipertecnologica abbiamo perso.

Fotoit aprile: Talent scout junior – Alessandro Castellani

di Paola Bordoni

Ritratto di un microcosmo familiare. Le accattivanti e colorate fotografie, ingannevolmente semplici, raccontano in un geometrico mosaico la storia e gli interessi  di quattro persone unite da un legame affettivo e bloccate in una sequenza di scatti frontali, quasi giocose foto segnaletiche.A. Castellani-Noi-1

Lo sguardo del fotografo, premiato giovane Talent Scout, si poggia su uno spazio umano privato recependo, attraverso un dispositivo magico quale è la macchina fotografica, le poliedriche possibilità dei singoli individui che, nella vita quotidiana come in un teatro, impersonano e conducono una molteplicità di ruoli. Il ritratto è stato da sempre ritenuto uno degli strumenti più validi per celebrare la necessità inconscia di celebrare se stessi e gli altri, soprattutto per interpretare le identità dei soggetti rappresentati, il famoso ‘rubare l’anima’. Attraverso la rigorosa divisione del corpo, nella quale i volti vengono sempre negati, Alessandro Castellani ci mostra le diverse ‘anime’ di se stesso e dei componenti la sua famiglia.

Il risultato fotografico è una specie di stratificazione di identità di origine differente e tra loro non conflittuali; così il professionista in giacca e cravatta, nelle sue diverse ma al tempo stesso aggregate personalità, si connette con l’altro sé, l’appassionato motociclista e giocatore di calcio, l’arciere si sovrappone all’esperta di lingue straniere, lo sciatore abita nello stesso corpo del fotografo. In questi scatti c’è un investimento emotivo ed affettivo espresso attraverso una rappresentazione colorata e spontanea di un tema strettamente autobiografico che mostra un forte senso di appartenenza.

 

Sempre il tema di un legame forte e profondo è presente nel portfolio “Un po’ di colori”, dedicato alla narrazione astratta della terra di origine del fotografo, la Bassa Padana dove l’ambiente è dominato dalla presenza del Po. E’ una natura introversa dal respiro lento e silenzioso quella raccontata con empatia da Castellani, fatta di riflessi, arbusti, limo secco, aloni luminosi dai pallidi colori che riprendono vita solo nelle immagini dei detriti del lavoro umano, le corde, i legni delle barche. Non c’è la maestosità della natura in questi scatti, mancano i grandi spazi, il fluire del fiume, l’orizzonte, tutti quegli elementi narrativi che da sempre fanno parte integrante della rappresentazione del paesaggio. Il fotografo ricerca invece il significato nei dettagli, subordinando la visione del panorama alla composizione ed agli accordi tonali in una visione ravvicinata ed intima, convinto che le forme astratte aprano una via d’accesso alla creazione di una visione soggettiva e  rivelino l’emozione profonda che scaturisce dalla consapevolezza  di appartenere ad un luogo.