Ferrara, un luogo dell’anima di Lucio Baldelli

Ferrara è un luogo sempre ricco di suggestioni sia per il colore rosso dei mattoni che per i giochi dell’acqua. E’ un esempio di morfologia urbanistica di quella che Jacopo Burckhardt definiva “la prima città moderna d’Europa”, dove la città medievale si raccorda con la città rinascimentale senza soluzione di continuità in un armonia di raro equilibrio.

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Le foto vogliono essere anche un omaggio a Bruno Zevi che ha dedicato a Ferrara un libro importante: “Saper vedere la città: Ferrara di Biagio Rossetti”, cui devo molto.

27/05/2018

 

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La meraviglia del bello di Michela Poggipollini

di Michela Poggipollini

Roma, la mia città, è ricchissima di opere d’arte nei palazzi, nelle gallerie, nei musei ed in altri luoghi ancora che io ho iniziato  a scoprire da quando, studentessa di Architettura frequentavo  le lezioni di storia dell’arte.

Negli anni successivi cominciai ad appassionarmi anche alla fotografia ed andavo in quei luoghi d’arte  come una turista che riporta a casa i ricordi e le emozioni del proprio viaggio.

Presto mi domandai perché riprendere le opere d’arte dal momento che avevo la possibilità di poter tornare a godere degli originali ogni volta che volevo e sfogliare libri le cui immagini erano senz’altro migliori e più ricche di quelle che potevo realizzare io.

Girando per i musei mi accorsi allora che era molto più interessante cogliere le emozioni del visitatore di fronte alle opere d’arte, la sua meraviglia se non addirittura l’estasi per il bello. Tanto era la concentrazione dei visitatori che non si accorgevano di essere ripresi da me, il più delle volte molto da vicino.

Anni dopo, mi accorsi che quello che stavo facendo corrispondeva alla visione che Roberto Cotroneo suggerisce nel suo libro Genius Loci e che è riassunta nel testo presentato come sottotitolo della sua opera:

le sale di un museo d’arte  prevedono un pubblico che guarda le opere ma non un pubblico che osserva un pubblico, eppure tra le prime cose di cui ho dovuto prendere atto, che ha dato origine a questo lavoro è che nel teatro dell’arte la scena non è quella dell’opera ma del pubblico.”

Le immagine presentate sono state riprese nella Galleria Borghese, nella Villa Farnesina e nel Palazzo Altemps.

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Il Sol Levante nel cuore di Roma: il giardino e l’arte dell’Istituto Giapponese di Cultura

di Alessia Ambrosi

Foto di: Alessia Ambrosi, Antonella Simonelli, Anna Ranucci, Corrado Seller, Fabio Faltelli, Lucio Baldelli, Sergio d’Alessandro.

Iniziamo oggi, con un piccolo tesoro d’Oriente racchiuso nella Capitale d’Italia, una nuova rubrica dedicata alle uscite fotografiche esperenziate dai soci del circolo; in piccoli gruppi oppure al completo. Parliamo del giardino dell’Istituto Giapponese di Cultura, sito in via Antonio Gramsci, 74.

Si tratta del primo giardino realizzato in Italia da un architetto giapponese (Ken Nakajima, responsabile anche del progetto per l’area giapponese presso l’Orto Botanico di Roma, sito nel cuore del quartiere romano di Trastevere), e presenta tutti gli elementi essenziali e tradizionali del giardino di stile sen’en (giardino con laghetto).

Il laghetto, la cascata, le rocce, le piccole isole, il ponticello e la lampada di pietra, tôrô… dalla veranda (tsuridono) che si protrae sul laghetto è possibile osservare tutto il fascino di un tipico quadro orientale, dove la quiete e la delicatezza contribuiscono a creare un’atmosfera unica, allietata dai colori e dai profumi di varie specie floreali ed arboricole di cui il ciliegio, il glicine, l’iris ed il pino nano sono alcuni esempi.

Spostandosi poi all’interno dell’Istituto di Cultura Giapponese, è possibile intraprendere un viaggio simbolico che attraversa secoli di storia; per mezzo di mostre ed attività varie.

Alcuni soci hanno voluto condividere con voi la loro esperienza di visita, cercando di trasmettervi un po’ dell’atmosfera orientale che ha reso celebre questa piccola perla d’Oriente.

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sources: http://www.jfroma.it/

La Storia nella Villa Farnesina alla Lungara

di Corrado Seller

Un suggerimento per un’uscita fotografica

Jörg non ricorda più quando ha lasciato i pascoli ed i boschi della sua Schauenburg, ricorda solo le grida dei reclutatori e le promesse di ricchezze e avventure che incantavano i suoi sedici anni.

Jörg è stanco, stanco di camminare, camminare e combattere, combattere ed uccidere, uccidere e saccheggiare, saccheggiare e violentare;urla inumane, sangue di vecchi e bambini, donne suicide per disperazione e vergogna non lo eccitano più. Alla Bicocca lui c’era con i suoi diciotto anni; aveva visto cadere il suo amico Heinrich ma intorno anche tremila degli odiati ribaldi svizzeri. A Pavia, tre anni dopo, aveva visto scappare a gambe levate i prodi francesi e catturare il loro re Francesco e pure a Governolo c’era, due anni fa.

 In questo giugno di rose arrembanti sui resti diroccati delle mura, mentre Roma giace nel silenzio dopo gli strepiti ed i colpi che per un mese l’hanno percorsa, Jörg ha perso il senso del tempo e non sa più perché il suo comandante, Georg von Frundsberg, al soldo dell’imperatore Carlo, ha portato lui e i suoi compagni a combattere per questa città.

Un’immagine ormai vaga dell’esibizione inaudita di sfarzo dei preti nella sua Germania,la vendita di indulgenze contro le quali quel prete, come si chiamava? Luther.jpg ah sì, Martin Luther, si era scagliato definendo Roma la nuova Babilonia. Jörg ha studiato presso i frati e sa leggere e scrivere ma non far di conto; non è come quegli zotici dei suoi compagni capaci solo di vergare la croce sul contratto che li lega al comandante. Ora, mentre è disteso sulla paglia in quella grande sala dipinta, legge proprio la parola Babilonia incisa dalla punta di un coltello sulla parete di quella sala immensa, tra le cui colonne, laggiù, nel fondo, gli pare di scorgere i tetti del suo paese.-villa-farnesina (1)

Ma no, son solo dipinti, sono immagini false di una quiete dei borghi ben diversa dal furore che lo ha spinto sinora. Raphael's_Triumph_of_Galatea_02

Gli hanno detto che proprio in quelle sale, dieci anni prima, un pittore giovane e capriccioso abbia accolto su cuscini profumati la sua Fornarina e ne abbia preteso la vicinanza per finire il lavoro che gli era stato pagato; solo così ha potuto completare quella bellissima donna che nel suo manto rosso attraversa le onde circondata da tritoni che la vorrebbero ghermire e si accontentano invece di un’altra fanciulla, meno bella e sacrale. Immagini idolatre, oltre che impure che lo allontanavano da Iltrude, rosea e rotonda amata un’era e migliaia di leghe fa. Il furore lo riprende, lui è un guerriero senza debolezze né sdolcinature.

Si alza e proprio tra quei tetti dipinti, col carbone rimasto nel focolare, segna con tutta la violenza possibile “A.D. 1528 was sol ich schreibers   nd nit lachen di Landsknecht haben den Babst lauffen Machen”.

tmp649313772460048385Non sa che sono le ultime parole che potrà scrivere prima che una palla di archibugio – forse francese – lo schianti di lì a sei mesi tra i filari di peschi in una terra profumata di cui non conosce nemmeno il nome. Ma oggi che importa? Non è forse il truce soldato che ha partecipato al sacco di Roma? lanzichenecco.jpgNon ha forse sbaragliato la soldataglia svizzera e costretto quel papa sacrilego, quel Clemente le cui mani sono sporche d’oro e di sangue, a scappare nel castello che incombe su Tevere? “A.D. 1528. Perché io scrivente non dovrei ridere – i Lanzichenecchi hanno fatto correre il Papa” ha scritto d’impulso; i posteri diranno che ha sbagliato, che è solo l’anno Domini 1527, ma che importa? La vita gli è stata veloce.