Letizia Battaglia

di Elisabetta Manni

La fotografa di questo mese non poteva che essere Letizia Battaglia venuta a mancare proprio qualche ora fa.

Letizia Battaglia non solo è stata la fotografa italiana più influente del nostro secolo ma fu anche una donna combattente, gran parte della sua carriera la dedicò al racconto più tetro della sua amata Palermo: i palermitani, vittime innocenti, e le stragi di mafia.

Foto di Franco Zecchin

Nasce e cresce nella Palermo degli anni ’30 e la sua voglia di libertà già iniziò a farsi sentire. Iniziò a lavorare a 34 anni come fotoreporter nel giornale locale “L’ora”. Come disse in una sua intervista: “Cominciai a capire che la fotografia mi piaceva più della scrittura, che il giornalismo non era ciò che volevo fare. Con la fotografia sentivo che potevo raccontare anche me stessa”. Diventò così la prima fotoreporter italiana e riuscì a guadagnarsi il rispetto degli altri fotografi, rigorosamente tutti maschi.
Da subito cominciò a fare i conti con gli omicidi di mafia, iniziò quindi a raccontare Palermo: una città in lotta con un nemico quasi invisibile.


Una delle sue fotografie più significative, non solo per l’evidente collegamento con il nostro attuale Presidente della Repubblica, è senz’altro l’attentato a Piersanti Mattarella. Una composizione ordinata e precisa nella più totale confusione che riesce ad incorniciare un momento cruciale di un intero paese. Senza dimenticare il ritratto di Giovanni Falcone, scattato a pochi giorni dalla strage di Capaci.

Letizia Battaglia spese l’intera esistenza a dare dignità alla sua città, una dignità che per molto tempo è stata stracciata dai mafiosi. Sono tantissime le fotografie significative scattate da Letizia Battaglia, un archivio storico-fotografico di Palermo e della sua più grande guerra. Tuttavia, nelle sue foto non c’è solo il racconto delle stragi di mafia ma anche quello degli abitanti della città, dei suoi amati conterranei. I soggetti preferiti erano i bambini, così spontanei e spavaldi davanti all’obbiettivo.

Nel 1985 riceve il “Premio Eugene Smith”, prima fotografa donna europea a ricevere un premio così prestigioso. In tutti questi anni espose nei più famosi e importanti musei del mondo ma è a Palermo che decide di aprire il primo “Centro Internazionale di Fotografia”.
Nel 2019 il regista inglese Kim Longinotto realizza il documentario: “Shooting the Mafia”, con l’intento di raccontare non solo la fotografa ma anche la persona, ciò che era e ciò che è stata Letizia Battaglia.

“La paura non deve condizionarci. La paura è un lusso. io non posso avere paura, noi non dobbiamo avere paura. Io mi sento libera perché sono libera dentro.”

[Letizia Battaglia]

Eve Arnold

di Elisabetta Manni

Eve Arnold è la seconda fotografa che andremo a raccontare all’interno del nostro percorso alla scoperta delle donne nel mondo della fotografia.

Eve nasce nel 1912 a Philadephia da una famiglia di origini russe. il padre crebbe i propri figli secondo i valori socialisti e di uguaglianza, probabilmente è proprio grazie alla figura paterna che Eve crebbe con l’idea di poter diventare chiunque e di poter fare qualsiasi cosa. Come sappiamo, in una società come quella degli anni ’20 e ’30 non era permesso alle donne fare determinati lavori, anche in una società come quella degli Stati Uniti. Iniziò ad avvicinarsi alla fotografia per casualità quando le venne regalata una macchina fotografica, una Rolleircord di medio formato. Trasferitasi a New York, iniziò così il suo percorso da autodidatta in una New York ricca di spunti ad ogni angolo della strada. in seguito, intraprende un corso di fotografia di breve durata, circa sei settimane. Il primo assignment del corso fu un lavoro sulla moda, Eve si trovò spiazzata, non era ciò a cui era abituata anzi, era un passo ben oltre la sua “comfort zone”. Ebbe l’idea di chiedere alla tata del figlio di accompagnarla nel suo quartiere, Harlem, dove si tenevano in media dalle 200 alle 300 sfilate all’anno. Per un’autodidatta non fu particolarmente facile scattare delle foto in un luogo dove la luce scarseggiava e dove i soggetti erano per lo più in movimento, tuttavia, a Alexey Brodovitch, direttore di Harper Bazar, l’idea piacque talmente tanto da suggerirle di proseguire. Anche se le foto riscossero un notevole successo fu difficile riuscire a trovare nell’America degli anni ’50 un giornale che ebbe l’audacia di pubblicare un reportage fotografico con degli afroamericani. Il Picture Post, rivista fotogiornalistica inglese, fu l’unico a pubblicare il suo reportage e a dedicargli ben otto pagine. Proprio grazie a quelle otto pagine che si fece notare dall’Agenzia Magnum, che il quel periodo stava aprendo la sua sede proprio a New York.
Eve Arnold non ha mai negato che all’interno dell’ambitissima agenzia fotografico ha dovuto lavorare duramente e il doppio rispetto ai suoi colleghi uomini, ed è solo dopo qualche anno, nel 1957, che diventa socia a tutti gli effetti: prima fotografa donna dell’agenzia MAGNUM.

Da qui in poi iniziò a cercare storie da raccontare con la sua macchina fotografica, reportage che sono ancora impressi nella memoria collettiva. L’incontro con il mondo di Hollywood avvenne per puro caso quando venne chiamata da Esquire Magazine per chiederle di fotografare Marlene Dietrich. Gli scatti dell’attrice furono soltanto l’inizio di una lunga serie di ritratti a celebrità e personaggi importanti. Solo con una ebbe una relazione speciale, la leggenda per eccellenza di Holywood: Marilyn Monroe.
Con Marilyn Monroe non si trattò solo di lavoro ma riuscì a instaurare un legame d’amicizia solido e profondo.

Nel 1960 sente il dovere di raccontare le lotte per i diritti deigli afroamericani che si diffusero in tutto il Nord America. Per conto di Life Magazine, seguì Malcom X nel suo viaggio lungo il paese. Eve ammise che fu uno dei suoi reportage più complicati poiché essere una donna bianca con la macchina fotografica al collo non era un privilegio, al contrario. Nonostante ciò, riuscì imperterrita a portare a termine il suo lavoro in modo straordinario.

La sua carriera fotografica continuò così, fra qualche scatto ad Hollywood e qualche scatto in giro per il mondo a raccontare storie. Ma che si parli di celebrità o di storie di pura realtà, al centro di ogni suo lavoro c’è sempre stato un solo soggetto: la donna.
Lei stessa afferma che: “Alcuni temi ricorrono con frequenza nel mio lavoro. Sono stata povera e ho voluto documentare la povertà; ho perso un figlio e sono stata ossessionata dalla voglia di fotografare la nascita; mi ha interessato la politica e ho voluto capire quali fossero i suoi riflessi sulla vita di tutti i giorni. Sono una donna, e ho voluto conoscere altre donne”.

Nel 1980, l’American Society of Magazine Photographers le conferisce il premio per il suo lavoro “In China” esposto lo stesso anno al Brooklyn Museum.

Proseguì il suo lavoro di fotografa fino a quando non si spense all’età di 99 anni nella sua casa a Londra.