Fotoit giugno: Amaltea di Valeria Coli

di Paola Bordoni

Nel quarto secolo d.C. Quinto Aurelio Simmaco scriveva che “tutti contemplano le stesse stelle, un solo cielo ci accomuna, un medesimo universo ci racchiude…”, tuttavia, vedendo le immagini del portfolio Amaltea, è naturale chiedersi quale distanza abissale separi il nostro mondo quotidiano da quello narrato dalle immagini della giovane fotografa Valeria Coli. Dove sono le contaminazioni, i disturbi urbani, le distrazioni tecnologiche, i rumori che caratterizzano il nostro vivere?

Amaltea 04

Il racconto visivo ci conduce in un universo di miti arcani, dove la natura è aspra e indomita e l’uomo e gli animali sviluppano un legame quasi simbiotico che li conduce ad una comunione tra le loro dimensioni. Le immagini parlano di luoghi e silenzi, di freddo e brume, di vita semplice, di spazi aperti e riti antichi, dove le piccole case ammassate l’una sull’altra testimoniano un profondo legame della ristretta comunità con il territorio e una collettività isolata ma non solitaria, capace di cogliere l’interazione tra la propria identità e l’ambiente.

Amaltea 02La forza del progetto è nel loop di immagini semplici e silenziose che, in uno scorrere continuo, conducono l’osservatore ad una suggestione visiva antica e mitologica, ad un disvelamento del senso di appartenenza dell’uomo ad uno spirito indefinibile ma chiaro, che persiste segretamente nel Genius loci, divinità che nella mitologia pagana proteggeva, controllava e tutelava un luogo e quanti lo abitavano. Ed ecco dunque Giove, dio supremo dell’Olimpo, messo in salvo dalla madre dai progetti omicidi del padre e nutrito dalla capra Amaltea, che ci compare nelle vesti di pastore, negli spazi silenti dove la frontiera tra realtà e mito è separata da una cedevole membrana osmotica. Nel vissuto di tutti i giorni il luogo ristretto ma protetto dal nume consente al singolo di identificarsi nella comunità ed a questa nella divinità dei monti, delle valli, degli alberi, dei fiumi, delle foschie e delle piogge che la circondano.

Amaltea 03

L’uso dell’indefinito, dello sfocato, del mosso alternato alla definizione dei dettagli insieme all’impiego dei non colori, propri della funzione mnemonica e dell’irrealtà (bianco, nero e seppia), operano un’azione di espansione e di fusione tra i due cosmi temporali, quello del mito e quello della vita quotidiana, sospesi in una enigmatica situazione di visione molteplice, contenente al tempo stesso le memorie sedimentate del luogo mitologico e i gesti ordinari di ogni giorno. Nei panorami, nelle immagini di animali, di lavori pastorali la fotografa evoca un mondo nascosto, misterioso e divino, dove entità spirituali sono custodi e protettori dei luoghi e dei loro abitanti.

Amaltea 10

 

Amaltea 08

La duttilità espressiva dell’autrice diviene ricerca per virare dalla raffigurazione dell’ambiente esterno a quella ben più misteriosa della realtà nascosta in un luogo ritenuto sacro e dell’interazione tra l’uomo e le divinità, riscoprendo quell’anima mundi che ormai non siamo più in grado di riconoscere, frastornati dalle trasformazioni della modernità che ci ha portato a sostituire l’individualità ed autenticità intima e specifica di un luogo con il concetto razionalista di spazio, misurabile, occupabile ed in-significabile ossia privo di quei riferimenti peculiari e specifici che ci pongono in relazione con esso.