Fotoit maggio. Fotografia e industria di Paola Bordoni (prima parte)

di Paola Bordoni

Foto di copertina: Luca Campigotto – Arsenale di Venezia

Una relazione complessa e profonda ha da sempre legato la fotografia all’industria, non solo perché indiscutibilmente la nascita della fotografia democratica coincide cronologicamente con l’affermarsi e lo svilupparsi del processo industriale ma anche per affinità di procedimento automatico, per cui l’immagine meccanica, prodotto industriale, è conseguibile attraverso operazioni ripetitive e seriali simili a quelle che si svolgono nelle fabbriche. You press the button, we do the rest era lo slogan coniato da George Eastman per promuovere le prime fotocamere Kodak destinate ad un vasto pubblico, anche non professionista, in sostituzione delle artigianali lastre fotografiche.

La narrazione visiva dell’età industriale nacque alla fine dell’Ottocento intrecciandosi e connettendosi, nell’arco di due secoli, con tutti gli aspetti della società, della politica, delle ideologie, dell’economia e dell’ambiente, mostrando il progresso delle tecnologie produttive e delle macchine ma anche, contemporaneamente, le contraddizioni legate allo stesso mondo industriale come il depauperamento delle risorse naturali, i cambiamenti ambientali, lo sfruttamento del lavoro umano, il mito della crescita sregolata. In questa smisurata opera la fotografia industriale ha attraversato tutti i generi dal ritratto alla paesaggistica, dal reportage all’architettura, dal concettuale al corporate, dalla micro e macrofotografia allo still life.

2.1.E.Hoppé Costruzione del dirigibile 1928
E.Hoppé: Costruzione del dirigibile 1928

Parlare quindi di fotografia industriale significa anche accostare fotografi diversi con diverse attitudini che, tutti insieme, hanno contribuito a creare la memoria e la testimonianza dell’età industriale: le emblematiche immagini di Emil Hoppé, la fotografia sociale di Lewis Hine, la visione costruttiva di Aleksandr Rodčenko, l’architettura monumentale di Margaret Bourke-White, i ritratti di operai di Gianni Berengo Gardin, la ricerca oggettiva e topografica di Bernd e Hilla Becher, il corporate estetico di Lee Friedlander, i dispositivi industriali come oggetto archeologico di Thomas Ruff, gli spazi notturni e vuoti dei cantieri di Luca Campigotto, le finzioni speculative di Vincent Fournier ed ancora tanti altri. Si è così realizzato, nel corso di due secoli, un immenso racconto visivo della fabbrica, del mondo del lavoro e dell’industria che diviene testimonianza, a volte celebrativa a volte critica, della trasformazione delle società che le si modellano attorno.

 

1.Margareth Bourke White Costruzione del tunnel del vento (1936)
M.Bourke White: Costruzione della galleria del vento (1936)