di Antonietta Magda Laini
Produzione USA/UK 2017 Regia Martin McDonagh – Fotografia Ben Davis
Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2017 e premiato per la migliore sceneggiatura. Oscar agli attori Frances McDormand come migliore attrice drammatica e Sam Rockwell come migliore attore non protagonista.
Lo scenario sembra quello di un western moderno abilmente intrecciato con una commedia nera. Si è trasportati nel microcosmo della provincia americana (il Midwest al centro degli States) spesso teatro di violenza gratuita e caratterizzato da depressione economica, solitudine, alienazione, razzismo e omofobia.
Le prime inquadrature mostrano una campagna nebbiosa all’alba, colori freddi che accentuano il disfacimento di alcune strutture pubblicitarie, collocate ai margini di una lunga strada e proposte in affitto: una vettura si ferma e poi riparte verso la cittadina.
Tre cartelloni, nelle vicinanze del paese, che riprenderanno vita con tre manifesti rosso sgargiante che recano scritte accusatorie nei confronti della polizia locale e, in particolare, dello sceriffo Willoughby e che causeranno reazioni diverse, anche estreme, nella comunità. Mildred Hayes (Frances McDormand), figura dotata di grande determinazione, con quei manifesti, inizia una guerra contro le forze dell’ordine che nulla hanno fatto per risolvere l’omicidio di sua figlia.
I manifesti compaiono in una assolata giornata di luce non viva ma che, leggermente sottoesposta, risulta cupa e malinconica come a sottintendere una minaccia: un cielo velato e triste, seppur con la presenza del sole, che persisterà per l’intero film. Un solo momento nell’arco dei 115 minuti la luce si farà più viva, l’esposizione più luminosa, quasi a proporre una tregua, con la visione di un elemento di pace (una cerva).
Cupi anche gli interni di pub, case, locali, negozi: nel paesaggio urbano si colgono angoli spesso squallidi e degradati.
L’intreccio del film gioca con l’assurdo e il paradossale proponendo ottimi primi piani, quali quelli di scontro fra una madre ferita nel più profondo dell’anima e il poliziotto razzista: contrapposizioni come fra animali che si fronteggiano.
Buon gusto nelle inquadrature prive di inutili ghirigori estetici e retorici: si colgono espressioni dure e stanche dei protagonisti e tutte le sfumature dettate dal loro carattere.
Le immagini si presentano ruvide, collegate ad avvenimenti che, inesorabilmente, spiazzano il giudizio dello spettatore, i personaggi risultano ambigui.
Il piano sequenza dietro le spalle del vicesceriffo (Sam Rockwell) che, ubriaco e violento, sale le scale della società che affitta manifesti e targhe spaccando ogni cosa sul suo percorso e gettando il giovane gestore dalla finestra è, probabilmente, una delle scene più intense e potenti.
Mildred e il vicesceriffo finiscono per compiere un viaggio verso l’Idaho nel corso del quale sembrano riflettere sugli avvenimenti trascorsi, forse con la speranza, che tuttavia appare vana, di risolvere i loro problemi; emerge un’ironia amara mista a sentimenti di rabbia, solo in parte espressa, che testimonia la loro tragica esistenza.
Le diverse inquadrature dei visi evidenziano le loro perplessità e l’assurdità della situazione; la vena involontariamente comica che ne deriva non riesce, comunque, a mascherare la desolazione dei due personaggi.
Ultima annotazione (che nulla ha a che vedere con la fotografia del film): per l’aria da cowboy che “mai arretra”, Frances MacDormand (Mildred) si è ispirata alla celebre camminata di John Wayne.
Ben Davis, direttore della fotografia britannico, ha collaborato con Martin MacDonagh anche in “7 psicopatici” e “In Bruges”
Source: https://www.comingsoon.it/ https://www.mymovies.it/ http://www.cineforum.it
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