Circolo PhotoUp – Totem e Tabù

Il tema di Totem e Tabù riporta immediatamente alla celebre opera di Freud e al suo studio sul comportamento umano, sull’evoluzione della cultura con i suoi rituali, le sue credenze e le sue norme sociali. L’iniziale spaesamento nell’affrontare fotograficamente un tema così complesso si è lentamente dissolto nella constatazione di come totem e tabù siano in continuazione presenti nel nostro personale vivere quotidiano.

Il totem, fin dalle prime società, è stato considerato lo spirito custode di un clan e identificato in un elemento proveniente dal mondo naturale, spesso un animale forte e coraggioso: rappresentava quel particolare riferimento che  univa tra di loro i vari membri della tribù, che si riconoscevano come tali attraverso di esso. Nei nostri giorni, i selfie ad esempio – autoritratti proiettati e condivisi attraverso i social media – non sono anche un totem di appartenenza ad un clan mediatico? Ed i luoghi del mondo, al di là della loro storicità e bellezza, sono diventati solo dei set instagrammabili per scatti destinati ad affermare il proprio totem personale “io esisto” cercando conferma nello sguardo collettivo.

I tabù implicano invece il concetto di sacro e proibito, sono quelle credenze che negano la razionalità ma che sollevano da un sentimento di insicurezza esistenziale.

Tra le varie proibizioni la superstizione ha mille volti: gli scongiuri, il gatto nero, il sale caduto e così via. E a pensarci bene, oggi, noi personalmente, da quanti totem o tabù siamo stati irretiti?

World Press Photo Exhibition 2024

in copertina: La grave crisi ambientale globale. La siccità in Amazzonia ha avuto un impatto devastante sulle comunità indigene rurali e fluviali. Un pescatore attraversa il letto asciutto di un ramo del Rio delle Amazzoni, vicino alla comunità indigena di Porto Praia.

elaborazione testo di Antonietta Magda Laini

World Press Photo, prestigioso contest di fotogiornalismo e fotografia documentaria che dal 1955 premia ogni anno i migliori fotografi professionisti, presenta al Palazzo delle Esposizioni i quattro vincitori globali dell’edizione 2024 scelti fra fotografie e progetti inviati da 130 Paesi.
Documentate le principali problematiche attuali: conflitti, conseguenze prodotte da scelte politiche criminali, migrazioni, crisi climatica e scomparsa specie.
Quattro categorie dunque: Foto singole, Storie, Progetti a lungo termine e Open Format per ognuna delle sei zone del mondo: Africa, Asia, Europa, Nord e Centro America, America del Sud, Sud Est Asiatico e Oceania.

World Press Photo of the Year del palestinese Mohammed Salem con la foto “Una donna palestinese stringe il corpo di sua nipote” scattata nell’obitorio dell’Ospedale Nasser.

Ad aggiudicarsi il premio World Press Photo Story of the Year è stato il fotografo Mads Nissen con la sua storia “The Price of Peace in Afghanistan”. Il lavoro porta alla luce le difficoltà quotidiane del popolo afghano sotto il regime dei talebani.
Donne e bambine chiedono l’elemosina fuori da una panetteria nel centro di Kabul

Ragazzo mostra la cicatrice dell’operazione che ha subito per vendere un rene. La fame e la mancanza di lavoro hanno portato a un drammatico aumento del commercio illegale di organi.

Le Nazioni Unite stimano che il 97% degli afgani viva al di sotto della soglia di povertà: il numero degli sfollati – senza casa a causa del conflitto o che sono stati deportati dai paesi limitrofi – ha superato i sei milioni. Il fotografo Ebrahim Noroozi (iraniano): in un campo per sfollati, alla periferia della capitale afgana, dei bambini fissano una mela che la madre ha portato a casa dopo aver chiesto l’elemosina.

Il World Press Photo Open Format Award è andato a Julia Kochetova con “La guerra è intima” opera che intreccia immagini fotografiche con poesia, clip audio e musica. Vivere la guerra come realtà quotidiana.

Menzione speciale della giuria al fotografo Leon Neal per “Le conseguenze dell’attacco del 7 ottobre da parte di Hamas al festival musicale Supernova”

Progetto a lungo termine – Le comunità Mapuche – Il ritorno delle voci millenarie. Popolazioni indigene dell’Argentina e del Cile che lottano contro il degrado del loro territorio, i governi che lo permettono e le industrie estrattive.

World Press Photo Storia dell’anno, assegnato alla fotografa Lee-Ann Olwage (sudafricana) per il progetto ambientato in Madagascar che documenta la vita di un uomo di 91 anni, affetto da demenza da 11 anni, denunciando l’assenza di sensibilizzazione nei confronti di questa patologia.

Al Palazzo delle Esposizioni dal 09/05 al 09/06 2024

Boris Mikhailov – artista ucraino al Palazzo delle Esposizioni

Elaborazione testo di Antonietta Magda Laini

BORIS MIKHAILOV
Boris Mikhailov è considerato uno dei più influenti artisti e fotografi contemporanei dell’Ucraina e, più in generale, dell’Europa dell’Est.
Può essere definito un testimone/documentarista dei cambiamenti avvenuti nel suo paese fin dagli anni Sessanta del Novecento e, soprattutto, dopo il disfacimento dell’Unione Sovietica.
E’ riuscito con le sue opere ad esprimere acute critiche sociali: una combinazione di arte concettuale e fotografia documentaria che mette in evidenza le difficoltà della gente comune (emarginazione, povertà, sradicamento).

All’inizio della sua produzione fotografica, metà anni Sessanta, fu licenziato dalla fabbrica in cui lavorava dopo una perquisizione del KGB sul luogo di lavoro.
Da allora si è dedicato interamente alla fotografia, scegliendo di seguire un’estetica anticonformista per opporsi alla visione idealizzata della realtà imposta dall’URSS e teorizzando il concetto di “fotografia di cattiva qualità”: produzione di stampe su carta di qualità scadente, di immagini a basso contrasto, sfocate, con palesi difetti, in opposizione a ciò che proponeva il “realismo socialista”.
Nelle sue fotografie si è servito di sovrapposizioni, ritagli, dittici, creando connessioni fra immagini e immagini e testi.
Mikhailov ha creato diverse Serie a tema, fra le quali
Red (1968-1975) – presenza del colore rosso che richiama il regime nelle coscienze e nella memoria collettiva.


Luriki (1971-1985) – come le immagini di propaganda idealizzano la realtà – Ritratti sovietici

Salt Lake (1986) – immagini di bagnanti sulla riva di un lago inquinato nel sud dell’Ucraina

Case history (1997-1998) – ritratti di diseredati a Kharkiv
National Hero (1992) – dove si serve dell’autocritica e dell’ironia

Al crepuscolo/At dusk (1993) – le strade di Kharkiv. Stampe dipinte a mano con blu cobalto, il colore del crepuscolo, della fame, della guerra e dell’assedio 

Al Palazzo Esposizioni Roma fino al 28 gennaio 2024

Mostra fotografica “Noi e il Serpentone” del Circolo Fotografico PhotoUp

Terza parte

11° pannello

Foto realizzate da Maria Elena Ania, Maria Luisa Giorgi, Sergio d’Alessandro

12° pannello

Foto realizzate da Elisabetta Manni, Lucio Baldelli, Anna Ranucci

13° pannello

Foto realizzate da Maurizio De Angelis, Lucilla Silvani, Anna Ranucci

14° pannello

Foto realizzate da Anna Ranucci, Maria Elena Ania, Lucilla Silvani, Antonietta Magda Laini

Opera murale di Stefania Fabrizi, foto di A.M. Laini

Mostra fotografica “Noi e il Serpentone” del Circolo Fotografico PhotoUp

Seconda parte

6° pannello

Foto realizzate da Massimo Giannetti, Maurizio De Angelis, Elisabetta Manni e Maria Elena Ania

7° pannello

Foto realizzate da Anna Ranucci, Lucilla Silvani, Maria Luisa Giorgi e Elisabetta Manni

8° pannello

Foto realizzate da Sergio d’Alessandro, Lillo Fazzari, Antonietta Magda Laini e Maria Rosaria Marino

9° pannello

Foto realizzate da Antonietta Magda Laini, Maria Rosaria Marino e Lillo Fazzari

10° pannello

Foto realizzate da Maria Rosaria Marino, Antonietta Magda Laini e Massimo Giannetti

Mostra fotografica “Noi e il Serpentone” del Circolo Fotografico PhotoUp

Nell’ambito della Festa per la Cultura 2022, manifestazione organizzata dall’Associazione Culturale Controchiave, il Circolo PhotoUp ha presentato una mostra fotografica per documentare la volontà di trasformazione e di abbellimento del quartiere di Roma sud di Corviale, realizzata anche con Murales, espressione di arte e denuncia politica.

Corviale è stato fin dall’inizio sinonimo di disagio e degrado per i suoi abitanti ma questo aspetto negativo non è legato al fatto di ospitare una struttura abitativa lunga un chilometro (il Serpentone) bensì a quello di non essere stato completato di servizi e di non essere stato reso realmente autonomo.

Sono stati presentati 14 pannelli con 4 fotografie a tema ciascuno. Qui di seguito i primi cinque.

1° pannello

Foto realizzate da Lucio Baldelli, Elisabetta Manni e Maurizio De Angelis 

2° pannello 

Foto realizzate da Paola Bordoni

3° pannello

Foto realizzate da Maurizio de Angelis, Lillo Fazzari, Lucio Baldelli, Maria Elena Ania 

4° pannello

Foto realizzate da Sergio d’Alessandro, Maria Luisa Giorgi, Massimo Giannetti

5° pannello  

Foto realizzate da Maria Rosaria Marino, Lillo Fazzari, Maria Luisa Giorgi, Lucio Baldelli

Contest di settembre “Luci d’estate”

Questo il contest di settembre “Luci d’estate”

In copertina la foto più votata di Federico Mammana. Di seguito le immagini degli altri partecipanti.

Vampa d’estate foto di Corrado Seller


Scrutando l’orizzonte foto di Maria Elena Ania

Luce d’estate foto di Maria Luisa Giorgi

Dolomiti d’estate foto di Massimo Giannetti
Luna Somnium illumina le notti estive foto di Aldo Carumani
L’ombra del cane foto di Paola Bordoni
Senza titolo foto di A.M. Laini
Pioggia di luce foto di Lucilla Silvani
Relax foto di Maurizio De Angelis
Senza titolo foto di Lucio Baldelli

Image foto di Elisabetta Manni

Senza titolo foto di Monica Ferzi

Omaggio a Lisetta Carmi

Lisetta Carmi era quel tipo di persona che guarda assorbendo il senso più profondo di quanto sta vedendo ed in questo modo ha vissuto tutta la propria vita, cercando di individuare da quali luoghi fisici, da lei vissuti come universi metafisici, si potesse arrivare a leggere l’essenza dell’essere umano.

Inizia il suo percorso dal pianoforte, piccolo fiume di tasti bianchi e neri, dai cui suoni si penetra nei meandri creativi dei grandi compositori, nei canti dei popoli oppressi, negli inni dei vincitori, nelle canzoni d’amore. Continua con la fotografia e decide che dalle immagini bianche che virano fino al nero si possa rappresentare l’uomo nella realtà della sua fragile esistenza travolto, molto spesso, da tragici avvenimenti. Totalmente attratta da questa indagine gira il mondo fino a che nel suo incessante pellegrinaggio incontra in India Babaji un maestro spirituale vestito di bianco con penetranti occhi neri. E’ un incontro di due Menti Gemelle che cercano una via verso una verità assoluta e risolutiva della propria vita; coerentemente con questa missione crea un Ashram, centro di preghiera, dove ritrovarsi con i propri fratelli e sorelle, scegliendo di andare fra i trulli di Cisternino, smaglianti costruzioni di millenaria pietra bianca.

Lisetta non pone nessun limite e termine al suo stare nel mondo ed i sentieri già percorsi riappaiono sotto uno sguardo nuovo, o forse nostalgico. Riprende la pellicola l’annerisce con la luce intensa del sole e la graffia ispirata dalle dissonanze tormentate di un brano musicale dedicato dal maestro Luigi Dallapiccola alla propria figlia Annalibera fonde la Musica con la Foto, ancora una volta, sotto il segno del bianco e del nero.

Da un vecchio baule emerge un nuovo universo, quello della scrittura cinese i cui concetti, misteriosi, arrivano a noi occidentali come forme ritmiche, eleganti ed armoniose, ma assolute come solo il bianco ed il nero possono essere. Non sappiamo se la luce bianca, pura ed assoluta che ha sempre cercato l’abbia finalmente accolta, noi la ringraziamo per averla cercata.

Testo di Lucilla Silvani, una vecchia amica.

Visita al museo H.Christian Andersen

foto di copertina di Paola Bordoni

La casa museo dello scultore norvegese- naturalizzato americano- Hendrik Christian Andersen vissuto a Roma dalla fine del XIX secolo sino alla sua morte è stata meta di alcuni soci del Circolo PhotoUp.

La collezione delle opere comprende oltre duecento sculture di grandi, medie e piccole dimensioni, in gesso e bronzo, oltre duecento dipinti e più di trecento opere grafiche.

La palazzina che ospita il museo, con numerose opere dell’artista, venne realizzata e decorata a partire dal 1922 in stile eclettico neo-rinascimentale, su disegno dello stesso Andersen.

Una panoramica di particolari delle sculture viene qui presentata.

A.Magda Laini

Paola Bordoni
Lucio Baldelli