“Il mare non ha paese nemmeno lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole” – Giovanni Verga, I Malavoglia
La foto di copertina: Luigi Ghirri, Tellaro, 1980
di Paola BordoniL’immagine in copertina è di Luigi Ghirri, Tellaro, 1980“Il mare non ha paese nemmeno lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole” – Giovanni Verga, I Malavoglia
Caldo e soffocato dalla plastica eppure basta chiudere gli occhi e sentirne il rumore, il ritmo delle onde ed è lì, esiste, ti invade superando tempo e luogo, suscitando la meraviglia e la percezione dell’istante infinito.
Proprio per queste sue profonde suggestioni, il mare è sempre stato fonte di ispirazione per pittori, poeti, cantanti, fotografi e scultori, ma è impossibile catturare una linea dritta di un percorso storico che si dipani lungole diverse rappresentazioni ed interpretazioni proprio perché queste sono legate non solo al contesto storico e sociale nel quale sono state create, ma perché il mare è un simbolo soggettivo, una delle configurazioni principali e radicali della nostra personale interiorità, percepito come luogo dell’anima. Scriveva Rainer Maria Rilke “Quando i miei pensieri sono ansiosi, inquieti e cattivi, vado in riva al mare, e il mare li annega e li manda via con i suoi grandi suoni larghi, li purifica con il suo rumore, e impone un ritmo su tutto ciò che in me è disorientato e confuso.”

Quanto avrà meditato Gustave Le Gray prima di comporre, sovrapponendo due negativi, l’immagine “The Great Wave”? Durante l’esposizione alla mostra della Société Française de Photographie nel 1857 la critica scrisse: “le marine di Le Gray sono al di là del confronto, sono completamente diverse da qualsiasi cosa fatta prima, quanto avrà analizzato il proprio inconscio con una scelta audace e moderna, prefigurando così la specificità dell’immagine come lettura interiore?


Di fronte ai contenuti simbolici del mare, che appartengono alla struttura più profonda della psiche di ciascuno, non é possibile accostare o anche trovare una traccia comune tra il mare metafisico, luogo del vuoto e dell’assenza di Mimmo Jodice e quello emozionale e colorato di Ferdinando Scianna. Eppure è la stessa civiltà marina, quella del Mediterraneo, che li accomuna, divisi per nascita da una manciata di anni e di chilometri. Ma il mare è una realtà individuale e racconta storie diverse, antiche e straordinarie.
I colori tenui, le tinte pastello di Luigi Ghirri narrano il mare quotidiano e banale, quello “a tre chilometri di distanza”, provocando tuttavia l’incantamento dello sguardo e lo stupore delle memorie scritte nel nostro personale immaginario. C’è la traccia dell’uomo ma non la sua presenza, perché il confine è proprio lì in quella soglia che ci separa dall’ignoto del nostro inconscio, mentre il mare prende forma solo in quanto lo osserviamo.


Con l’accettazione di questa impossibilità di piegare a un ordine prestabilito e trovare una struttura che racchiuda le rappresentazioni fotografiche del mare che si sono dispiegate numerose nel corso del tempo, contempliamo la rigorosa bicromia di Mario Giacomelli, che lo libera dalla mera riproduzione per una visione arcaica e materica, accanto alla ricerca sul colore di Bill Armstrong, dal linguaggio sfocato e difficile, privo di connotazioni spazio-temporali, che crea percorsi speculativi sulla precarietà del vedere e dell’interpretare il mare in quanto archetipo dalla profonda ricchezza simbolica.

Il giapponese Hiroshi Sugimoto cerca l’origine del mondo e la sua eternità al di là dell’uomo; i suoi scatti rappresentano sempre il mare nei momenti di assoluta tranquillità, con la linea dell’orizzonte che taglia in due esatte metà ogni immagine. La ripetizione di questo formato nelle sue numerose fotografie allude al tempo infinito e al senso di eternità “nel mare posso trovare la memoria dell’umanità – o meglio, la memoria della vita stessa – che persiste ancora debolmente nel fluire del sangue. Per me il mare è il liquido amniotico. Fu nel mare che la vita nacque per la prima volta tre miliardi di anni fa”.

Il mare non ci indica percorsi o sentieri già battuti ma è esso stesso luogo di libertà e di abisso, non è paesaggio ma vastità, non è cultura ma spazio di molteplici civiltà, è richiamo ad osare e sgomento del perdersi, è aspra voce imprevedibile e dimensione monotona.
E se dunque è tutto questo, la sua raffigurazione nelle immagini di Lorenzo Cicconi Massi è finalizzata alla trasmissione di un messaggio che oltrepassi la mera figurazione per divenire narrazione dell’ambiente dell’anima, con i forti contrasti, la luce abbacinante. Nel bianco e nero che congela tempo e spazio anche la figura umana diventa silhouette, stagliandosi in esso e al tempo stesso entrando a farne parte integrante, congelata nel fermo immagine.
La celebrazione fotografica del mare è dunque varia e molteplice con strutture rappresentative estremamente diverse ma con la presenza costante di un coinvolgimento personale ed inconscio, quasi un comune sentiero di esplorazione intima del luogo più ancestrale della terra.
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