24 febbraio : Inaugurazione della mostra collettiva Gas – O – Metro

A Roma, solo il quartiere Ostiense è esempio di come un’area fortemente industriale possa virare verso un tipo di economia di tipo post-industriale.

Divenuta nel 1873 capitale d’Italia, i Piani Regolatori dell’epoca individuarono in Ostiense il futuro polo industriale romano.   All’epoca il Tevere era navigabile e con la ferrovia ed il nuovo ponte di ferro girevole  divennero fondamentali allo sviluppo delle industrie.   Il processo subì una repentina accelerazione circa trent’anni più avanti, ad inizio 900, col sindaco Nathan sotto il cui governo si realizzarono il Porto Fluviale, i Magazzini Generali, lo stabilimento del Gas (oggi Italgas) col Gazometro, la Centrale Termoelettrica Montemartini, i Mercati Generali e il Consorzio Agrario.  L’esistente fabbrica della Mira Lanza ed i Molini Biondi furono ampliati.

Intanto, negli anni ’50 iniziò a svilupparsi il quartiere Marconi in concomitanza della costruzione del ponte sul Tevere che facilitò l’espansione edilizia verso l’EUR ed il litorale.   In quegli anni erano ancora vivide, nel popolo, le gesta eroiche delle bande partigiane e, qualche anno più tardi, il quartiere acquistò nuova notorietà grazie al suo simbolo più noto, il Gazometro, che si innalzò dalla realtà faticosa della vita quotidiana di operai ed artigiani per apparire, sotto inedite vesti, nei racconti inquieti e soprattutto nella cinematografia di un allora emergente regista, Pier Paolo Pasolini, tra l’altro, frequentatore abituale delle taverne del quartiere.  Ormai inutilizzate da molto tempo, le vecchie strutture e gli imponenti opifici giacciono inoperosi, trovando però una nuova identità in quella costituente il nucleo centrale dell’“archeologia industriale” romana.

Tra essi, la Centrale Montemartini è stata sottratta all’incuria e all’abbandono totale. È un ammirevole esempio di riconversione in museo di un ex edificio industriale.   Il primo impianto pubblico per la produzione di energia elettrica oggi è il secondo polo espositivo dei Musei Capitolini.   Nei suoi rinnovati interni arredati in stile Liberty, tra motori, caldaie e turbine dell’epoca hanno trovato spazio e visibilità una considerevole quantità di sculture classiche, ritrovate durante gli scavi eseguiti a Roma a cavallo dell’800 e del ‘900.

Anche l’imponente sagoma del Gazometro, il più famoso simbolo dell’archeologia industriale romana, formato da una complessa struttura reticolare in ferro alta circa 90 metri, è visibilmente segnata dal tempo e mostra avanzati segni di decadimento.  Costruito nel 1937, è inoperoso ed inutilizzato da quasi mezzo secolo ed è parte caratterizzante, assieme ad altri elementi monumentali romani, dell’identità urbana e paesaggistica della capitale.

Gli ex Mercati Generali occupano una vastissima area che, da oltre un decennio, attende di essere ristrutturata per essere consegnata a circa 5000 studenti, una sorta di “cittadella” dei ragazzi.   Erano previste strutture ricettive come biblioteca, mediateca, refettorio, palestra e spazi multiuso.  Ad oggi, inutili conflitti d’interesse e pastoie amministrative ne bloccano l’attuazione, rimandando il tutto a data da destinarsi.

L’Italgas o ex Officina di San Paolo, che giace su una vasta area contenente i magazzini del carbone insieme ai forni ed altre attrezzature per il trattamento del gas, è stata semi-distrutta da un bombardamento aereo nel 1944. La successiva e progressiva metanizzazione della città ne ha rallentato la ricostruzione che, di fatto, fu poi abbandonata del tutto.

Sull’altra sponda del Tevere, di fronte al Gazometro, c’è quel che resta dell’Ex Mira Lanza fondata nel 1899 per la lavorazione degli scarti del vicino Mattatoio. Dopo qualche tempo, la soc. Candele Steariche di Mira la rilevò tutta e, con qualche ampliamento, la trasformò nel famoso saponificio, produttivo fino al 1957.   Nel 2000 il Comune pensò ad un progetto per la sua riqualificazione ma poi soltanto un terzo della proposta fu attuata, realizzando il Teatro India.  Negli anni seguenti, la ex Mira Lanza fu occupata e ci vissero, più o meno stabilmente, centinaia di disperati ed emarginati, fino all’incendio del 2014, che si lasciò dietro scheletri di strutture annerite.  Nel 2016, l’intervento dello street-artist parigino Seth riesce, tra montagne di rifiuti e travi carbonizzate, a far rifiorire la speranza di un futuro migliore per i miseri ruderi. S’intitola “Range ta chambre” (riordina la tua camera), la serie dei murales dipinti sui muri scrostati del gigante fatiscente.   Ciò rese possibile la riqualificazione di questo pezzo della periferia urbana romana, che diede vita e speranza ad un nuovo ed innovativo museo all’aperto, la cui gestione venne affidata, provocatoriamente, ad un nomade ed alla sua famiglia che già vivevano all’interno della ex fabbrica.

Gli scatti di questa mostra fotografica nascono passeggiando in lungo e in largo per il quartiere Ostiense, unico nel suo genere, sovrastato dall’imponente mole del Gasometro, ma anche da quella della monumentale Piramide Cestia e dell’eccezionale Basilica di San Paolo fuori le mura, patrimonio Unesco.  Ma c’è dell’altro, molto altro da scoprire.

Anche i dettagli più piccoli, ma non per questo meno caratterizzanti, hanno un loro fascino particolare nel lasciarsi scoprire, come gli sfavillanti e colorati murales oppure, seguendo il corso del Tevere, i moderni residence ed i lussuosi loft che sorgono lungo le sponde non distanti da aree sottoposte al degrado, sociale ed ambientale, dove è possibile percepire fortemente un senso di vago e indefinito abbandono. Restano comunque luoghi dal sapore antico, disseminati di mastodontiche carcasse industriali fatiscenti, fatte di mattoni e acciaio, frutti del sudore e della fatica delle schiere di zelanti lavoratori che popolavano numerosi, non molto tempo fa, questi luoghi.   

Con lentezza, il quartiere si mostra e si svela globalmente ai nostri occhi nella sua complessità urbana, architettonica, multiforme e multicolore, vissuto da un’umanità diversa e variegata, che vuole mantenere vivo il ricordo di memorie e dolorose fatiche.   Camminando per il quartiere, stupisce sempre incontrare moderne infrastrutture come il bianco reticolo metallico del Ponte Settimia Spizzichini e le varie sedi distaccate dell’Università Roma 3, la linea della Metropolitana affiancata a binari e mezzi ferroviari ormai in disuso, come quelli del Museo del Trasporto.

Nuove attività commerciali sorgono accanto a vecchie e polverose botteghe mentre ristoranti oriental fusion, locali notturni e pub, fanno parte di diritto della più sfrenata movida notturna romana.   Impossibile non immortalare gli scorci ricchi di contrasti, attraversati dai passi di una moltitudine di genti che risveglia le zone antiche, animandone al contempo quelle moderne di un quartiere che forse ha deciso, dalle sue ceneri, di voler risorgere ancora una volta e cambiare, sospeso tra il suo passato e il suo futuro.  Noi del Circolo PhotoUp, attraverso le nostre immagini, abbiamo cercato di testimoniare questo, raccogliendo ed illustrando la poliedricità di questo quartiere, espressa attraverso le molteplici sfaccettature che, da sempre, lo caratterizzano, penetrando nei suoi significati profondi, in quello che ha da dire e ci vuole raccontare.   Abbiamo camminato in lungo e in largo per il quartiere, certamente, ma non è bastato, l’abbiamo dovuto “sentire”, l’abbiamo dovuto “vivere”, l’abbiamo dovuto fare nostro, ognuno con il proprio stile diverso e il proprio diverso modo di interpretarlo.

Testo a cura di Erica Cremenich e Pino Giovine

Le foto esposte in questa mostra sono di:

Alessia Ambrosi – Andrea Alessandrini – Anna Fadda – Anna Ranucci – Antonella Simonelli – Elisabetta Manni – Erica Cremenich – Franco Brilli – Lillo Fazzari – Lucilla Silvani – Lucio Baldelli – Magda Laini – Maria Elena Ania – Maria Rosaria Marino – Maurizio De Angelis – Michela Poggipollini – Mauro Pierdicca –  Pino Giovine – Sergio d’Alessandro – Simonetta Orsini – Solmaz Nourinaeini – Stefano Marcovaldi