Fotoit – luglio/agosto “L’ibrido nella fotografia contemporanea ” prima parte

di Paola Bordoni

Tracciare una mappa di ricognizione per muoversi nel complesso e vasto mondo della ricerca fotografica contemporanea è impegno non da poco; per non perdermi, cercherò di tratteggiare solo alcune linee nella produzione che utilizza il processo ibridativo, impiegando e manipolando con tecniche artigianali o digitali prevalentemente immagini, siano esse fotografie familiari, industriali, scientifiche o di archivio. L’originale immagine viene smontata, rifotografata, tagliata, ricomposta, spezzettata, sovrapposta ottenendo attraverso  un processo ibridativo  una nuova interpretazione visiva.

Una delle caratteristica più incisive di questo processo di commistione è spesso lo scardinamento totale del concetto che le immagini riproducano la realtà, anche se ormai si è consapevoli che questa esattezza riproduttiva non può prescindere da una lettura personale ed interpretativa che, sviluppando un processo mentale, integra la visione con le idee, i ricordi e le emozioni che fanno parte della nostra storia personale cognitiva. Questo scardinamento si applica spesso non solo alla dimensione spaziale ma anche a quella temporale, come nell’opera “New Vedute – Alternative Postcard from Rome” dell’inglese Simon Robert, presentato in occasione dell’ultimo Festival della Fotografia a Roma. La serie di immagini è stata realizzata attraverso un procedimento ibrido, ossia manipolando cartoline della città, di diversa origine e di diverse epoche, con la sovraimposizione di istantanee contemporanee scattate dall’autore. Il risultato di questa stratificazione, ottenuta utilizzando da una parte materiale storico cartaceo e dall’altra uno scatto digitale, è la percezione consapevole del flusso del tempo, che sovverte radicalmente il concetto dell’immagine come registrazione dell’istante unico.

Chino Otsuka Immagine Finding Me

Questo  processo moltiplicativo del tempo è presente anche nella produzione di Chino Otsuka; nella preziosa ed intima serie “Immagine Finding Me” la fotografa giapponese narra contemporaneamente il passato ed il presente inserendo l’immagine di se stessa adulta negli scatti che la ritraggono nell’infanzia, per ottenere una nuova visione ibrida dove l’elaborazione digitale diventa uno strumento, quasi una macchina spazio/tempo, per consentire un viaggio di collegamento tra il presente ed il  passato.

Chino Otsuka Memoryscapes 

Nella più recente “Memoryscapes” la stessa fotografa ci introduce, in modo più diretto, ad un’altra caratteristica peculiare presente nella manipolazione ibridativa: l’utilizzo di vecchie immagini personali che vengono rifotografate, limitando la nuova fotografia solo ai particolari che sono nei bordi, a ciò che non è stato soggetto dello scatto. “Ho scelto con cura una piccola selezione di vecchie fotografie che ho ri-fotografato ingrandendo l’immagine. Fornendo una nuova cornice alle fotografie, le immagini frammentate e sfuocate di memorie distanti iniziano a raccontare le proprie storie”. Chino Otsuka riallaccia ancora una volta il rapporto tra l’ identità personale e la memoria in un gioco infinito di rimandi tra la tecnica e il tempo, tra il presente ed il  passato.