di Paola Bordoni pubblicato in Fotoit maggio 2023
Playmore è un’organizzazione no profit presente a Milano con l’obiettivo di occuparsi di sport e, attraverso l’incontro tra persone, promuovere inclusione sociale e integrazione oltre ogni differenza di età, condizione sociale ed etnia. Nella nostra società caratterizzata, soprattutto negli ultimi tempi, da episodi di intolleranza verso le diversità, le pratiche sportive praticate attraverso il rispetto delle regole e la partecipazione attiva possono creare sinergie destinate a far condividere emozioni, attivismo e passione.

Nel quartiere Brera di Milano, dove ogni superficie è luogo di profitto, lo spazio sociale di Playmore, stretto tra palazzi e attività commerciali, è occupato solo dalle persone e dalla volontà di voler aprire un ampio orizzonte di socialità e aggregazione. Non a caso l’autrice cita la famosa frase di Zeus nel film Hercules della Disney : “a hero is not measured by the strenght he has but by the strenght of his heart.”

Ma per narrare tutto questo a volte le parole non bastano. Difficile rappresentare l’accogliente singolarità e la specifica validità di uno spazio destinato all’attività sportiva sociale come inclusione e solidarietà in contrapposizione allo sport passivo mainstream dei media televisivi.

La fotografa Rossella Mele affronta la narrazione attraverso colori, energia, forme, sorrisi, entusiasmi e movimento per mostrare la misteriosa persistenza dell’amore e della integrazionenelle attività che solo apparentemente hanno finalità ludiche. L’uso misto del primo piano e del tutto campo, della ripresa del soggetto singolo e del gruppo, del movimento e del riposo muovono nello spettatore meccanismi di partecipazione con l’impressione di assistere a quegli stessi dinamici eventi, di essere lì pronti a cogliere il pallone dopo un giusto tiro, a battere il cinque per un colpo ben misurato, a stringere in un abbraccio il compagno di partita.

Ma le immagini di Rossella Mele creano anche una condivisione e una integrazione più profonda e intima nell’ambito della memoria collettiva e sociale, che pure sembra impossibile, in quanto i ricordi sono del tutto individuali. L’uso iniziale ed essenziale della fotografia è stato quello di cercare di fissare il tempo, il momento, lo stato d’animo e creare un ricordo condiviso da persone non più estranee tra di loro in quanto soggetti dello stesso scatto, stampato ed incorniciato, magari ritrovato e rivisto dopo anni. Queste fotografie offrono l’opportunità di riconoscersi in un’immagine che non racconti solo il ‘micro-io’ ma il ‘noi’ in una memoria ampia di interconnessione tra diverse culture e realtà socio-economiche.

Il linguaggio fotografico di Rossella Mele fa emergere da uno sfondo omogeneo ritratti dal peso figurativo o cromatico forte, deciso; sono documenti sinceri, che mirano al dialogo diretto, puntando ad una comunicazione che è anche volontà di mettere in comune, di condividere. E’ questo forse il valore aggiunto che unisce tutte le immagini della fotografa: la volontà di coinvolgere, anche noi, nel dialogo emotivo e confidenziale che si svolge tra l’autore e l’attore, perché la macchina fotografica consente di conoscere gli altri e, al tempo stesso, di conoscerci in modo diretto, meno mediato di tanti altri linguaggi.
“All these places had their moments, With lovers and friends I still can recall Some are dead and some are living In my life I’ve loved them all.”*
*In my life – The Beatles
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